Lozano, la belleza come compagna necessaria del vivere
21-04-2015 /ilsussidiario.net - G. Arbona
Uno scrittore che vive della bellezza e scrive dei suoi incanti, in mezzo alle ferite della storia. Si potrebbe definire così José Jiménez Lozano, poeta, narratore e critico d'arte che spicca nell'attuale panorama della letteratura spagnola, e comincia a esser conosciuto anche in Italia. Il suo esordio risale al 1971, con Historia de un otoño; a questo romanzo ne sono seguiti altri ventitré. Lozano è anche un maestro della narrativa breve: all'attivo ha undici raccolte di racconti, la prima apparsa nel 1976 (El santo de mayo), l'ultima (Abrám y su gente) nel 2014. Otto i volumi di poesia; a cui si aggiungono sei quaderni di appunti o diari, oltre a numerosi saggi. Nel 2002 ha ottenuto il Premio Cervantes, il Nobel della letteratura spagnola. La sua sigla: parole trasparenti per raccontare le storie che gli vengono date in dono; uno sguardo sul mondo come fosse appena sbocciato.
È apparso di recente in Italia un suo libro di "meditazioni", I quaderni di Rembrandt (Venezia, Amos Edizioni, 2014) nell'eccellente traduzione di Graziella Fantini. Qui vediamo diventare scrittura le giornate dell'autore; tra solitudini e conversazioni. Rimandano, le conversazioni, a incontri, anche a distanza, con uomini e donne d'ogni tempo, impegnati a denunciare le falsità del nostro mondo e aperti a spiragli di speranza. Quanto alle solitudini, ci fanno partecipi dello sguardo dello scrittore che si posa, solitario e consapevole, sulla natura, sul cosmo, e sull'armonioso succedersi delle stagioni. Questi ritratti sono scritti con un solo proposito: offrire al lettore alcuni squarci della "bellezza come compagna necessaria del vivere". La bellezza, secondo Lozano, è la sola risorsa capace di riscattare la "spontaneità" di ciò che è umano, celata molte volte dietro le più svariate maschere del pensiero dominante, sotto le macerie delle ideologie e dietro l'apatia di una società schiava della moda e del politically correct.
La lettura di queste pagine sollecita l'umanità del lettore a liberarsi dal suo intorpidimento e a sorprendere il "sussurro del divino"; in questo modo, rimette in gioco la domanda e la speranza. "Da dove l'uomo, altrimenti, farebbe scaturire la sua dignità, se non supplicasse o non potesse supplicare i numi?"
Alcuni passi fanno intuire subito al lettore italiano con che razza di scrittore ha a che fare. In primo luogo, la conversazione con Romano Guardini: un invito a considerare quello che noi, uomini del ventunesimo secolo, abbiamo perduto vivendo immersi nella leggerezza di un tempo che trova in sé la sua fine. Questo "colloquio" è frutto della lettura dell'opera di Guardini Il potere. Quali effetti colpiscono le cose più preziose della vita quando sparisce la tensione religiosa, e dunque quando diminuisce il valore religioso dell'esistenza?
La belleza nelle ferite della storia
21-04-2015 /La Sicilia - G. Arbona